Fenomeni ondulatori

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Il problema della natura della luce

Due erano le ipotesi che si fronteggiavano verso la fine del XVII secolo sulla natura della luce:

  1. quella corpuscolare, sostenuta da Isaac Newton (1642-1727)
  2. quella ondulatoria, avanzata quasi contemporaneamente da Christian Huygens (1629-1695)

Sia la legge della riflessione della luce, conosciuta fino dai tempi di Euclide, sia la legge della rifrazione, determinata sperimentalmente da Willebrod Snell (1591-1626) potevano essere interpretate in maniera equivalente supponendo la natura corpuscolare oppure ondulatoria della luce. Vi era in realtà una differenza tra le previsioni delle due teorie: la velocità della luce-corpuscolo avrebbe dovuto aumentare in un mezzo più rifrangente (come nel passaggio dall'aria al vetro), mentre la teoria ondulatoria prevedeva invece una diminuzione della velocità nella stessa situazione.

All'epoca, comunque, non vi erano le possibilità tecniche per un'esperienza così delicata e per tutto il XVIII secolo la teoria corpuscolare ebbe il sopravvento, soprattutto a causa del prestigio di Newton, suo primo propugnatore.

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Einstein nel libro L'evoluzione della fisica (scritto insieme a Leopold Infeld) descrive un dialogo immaginario tra un seguace di Newton (N) ed uno di Huygens (H):


N. Nella teoria corpuscolare la velocità della luce ha un significato molto preciso. E' la velocità con la quale i corpuscoli attraversano lo spazio vuoto. Che cosa significa essa nella teoria ondulatoria?

H. Significa, ben inteso, la velocità dell'onda luminosa. Tutte le onde che conosciamo si propagano con una certa velocità e così pure farà un'onda luminosa.

N. Ciò non è così semplice come sembra. Le onde sonore si propagano nell'aria e le onde marine nel'acqua. Ogni specie di onda deve avere un mezzo materiale in cui viaggiare. Orbene la luce attraversa il vuoto, ciò che il suono non fa. Ammettere un'onda nello spazio vuoto significa in realtà non ammettere onda nessuna.

H. Si, questa è una difficoltà ed essa non mi giunge nuova. Il mio maestro vi riflettè e venne alla conclusione che l'unica via d'uscita era quella di assumere una sostanza ipotetica e cioè l'etere, un mezzo trasparente e permanente l'universo intero. L'universo è, per così dire, immerso in etere. Se abbiamo il coraggio di introdurre questo concetto, tutto il resto diventa chiaro e convincente.

N. Ma io respingo questa congettura. In primo luogo essa introduce una nuova sostanza ipotetica ed in fisica ne abbiamo già fin troppe. C'è anche un'altra obiezione. Voi ritenete, senza dubbio, che tutto vada spiegato per mezzo della meccanica. Ma come faremo con l'etere? Siete voi in grado di rispondere al semplice quesito di quale sia la struttura conferita all'etere dalle sue particelle elementari e del come l'etere si palesi in altri fenomeni?

Einstein, Infeld L'evoluzione della fisica, ed. Boringhieri, Torino, maggio 1974, p.117,118


Come si evince dal dialogo, un punto critico della teoria ondulatoria era la necessità di introdurre l'etere, cioè un fluido invisibile che avrebbe dovuto riempire tutto lo spazio vuoto dell'Universo e avrebbe dovuto essere messo in vibrazione dalle onde luminose. All'epoca le uniche onde di cui si aveva esperienza erano quelle meccaniche, dovute alla vibrazione delle particelle di un mezzo. Solo alla fine del XIX secolo Maxwell introdusse le onde elettromagnetiche causate dalla vibrazione di campi elettrici e magnetici anche nel vuoto. Ma il problema del'etere non era ancora risolto!

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Copyleft Ludovica Battista