Indice | indietro | avanti |
A questo punto è opportuno riprendere in esame l'apparente fallimento del principio di relatività nei fenomeni elettromagnetici nella sintesi di Maxwell. La forza magnetica, infatti, dipende dalla velocità delle cariche e quindi sembra dipendere dal sistema di riferimento inerziale da cui i fenomeni sono osservati.
Per renderci conto della questione facciamo un esempio: consideriamo un fascio di elettroni emessi da un tubo catodico sparati a velocità elevata parallelamente ad un conduttore rettilineo percorso da corrente.
Osservazione sperimentale: se il conduttore viene percorso da corrente nel verso indicato, il fascio di elettroni viene attratto dal filo. Questa constatazione è un fatto e come tale è indipendentemente dal riferimento.
L'interpretazione del fenomeno, però, è diversa a seconda del sistema di riferimento prescelto.
Riferimento inerziale del laboratorio | Riferimento inerziale degli elettroni del fascio |
Per un osservatore solidale al laboratorio il conduttore è in quiete e gli elettroni sono in movimento. Gli elettroni del fascio si muovono all'interno del campo magnetico originato dalla corrente e subiscono quindi una forza magnetica che li attira verso il conduttore. | Per un osservatore solidale agli elettroni, gli elettroni sono immobili. Nonostante questo l'osservatore registra l'esistenza di una forza attrattiva verso il filo conduttore. Poichè su una carica in quiete non può agire nessuna forza di origine magnetica, l'osservatore conclude che sugli elettroni deve agire una forza elettrica che li attrae verso il filo. Da dove ha origine questa forza elettrica, se il filo è complessivamente neutro? |
Per spiegare l'origine della forza elettrica, si ha bisogno di ricorrere alla teoria della relatività ristretta.
Nel sistema di riferimento degli elettroni del fascio tutto il conduttore si muove a velocità v molto elevata. Le cariche all'interno del conduttore (ioni positivi ed elettroni di conduzione), però, hanno velocità differenti.
In definitiva, gli elettroni immobili vedono gli elettroni di conduzione muoversi più lentamente degli ioni positivi.
Sulla base della teoria della relatività di Einstein, sia la distanza tra gli ioni positivi, sia quella tra gli elettroni di conduzione subiscono una contrazione dipendente dalla velocità, ma la distanza tra gli ioni positivi si riduce di più, con il risultato che la concentrazione di carica positiva è maggiore della concentrazione di carica negativa.
Dal punto di vista degli elettroni immobili, il conduttore in moto non appare più complessivamente neutro, ma con una maggiore concentrazione di carica positiva: l'elettrone immobile è quindi attratto verso il filo per forza elettrica attrattiva.
Ricapitolando, in tutti e due i riferimenti avviene il seguente fenomeno: gli elettroni del fascio sono attratti verso il conduttore, ma l'interpretazione del fenomeno è diversa nei due riferimenti:
Nell'interpretazione relativistica dell'elettromagnetismo il campo magnetico ed il campo elettrico appaiono come le due facce di una stessa medaglia.
Si può obiettare che la spiegazione data appare poco credibile, perché, come abbiamo visto, la velocità di trascinamento degli elettroni di conduzione è molto piccola, dell'ordine di 0.1 mm/s. Come è possibile che questa piccola velocità dia luogo ad una contrazione relativistica delle lunghezze in grado di dare effetti così vistosi? Abbiamo infatti detto che gli effetti relativistici sono sensibili solo alle alte velocità. La risposta va cercata nell'elevatissimo numero di elettroni di conduzione (dell'ordine di 1022 elettroni/cm3); è così sufficiente un piccolissimo contributo da parte di ciascuno di essi per avere un effetto totale significativo.
Indice | indietro | avanti |
Copyleft Ludovica Battista